L’endometriosi è una malattia che colpisce all’incirca il 10% delle donne, è caratterizzata dalla presenza di endometrio, cioè del tessuto che normalmente localizzato all’interno dell’utero si sfalda ad ogni ciclo mestruale, in sedi diverse dall’utero: si parla quindi di endometrio ectopico cioè fuori posto.
Le sedi più frequentemente interessate sono gli organi vicini all’utero, come le tube, le ovaie, il peritoneo, la vescica e l’intestino; ma talvolta anche organi e tessuti più lontani come il diaframma, il polmone, i nervi ( più spesso lo sciatico).
Quali sono i sintomi
Il primo più importante è il dolore alla mestruazione (dismenorrea), ma si può anche avere dolore all’ovulazione, dolore ai rapporti sessuali, alla penetrazione profonda (dispareunia), dolore alla defecazione (dischezia), dolore alla minzione (disuria) accompagnato anche da perdita di sangue con le urine in fase mestruale, dolore addominale, dolore alle gambe per interessamento del nervo sciatico.
Ogni dolore periodico che si accentua in fase mestruale ci deve far pensare alla possibile presenza di endometriosi e farci fare indagini mirate in tal senso.
Come fare la diagnosi
Purtroppo ancora oggi ci vogliono 9 anni in media, e le consulenze di almeno 4 o 5 medici, per fare diagnosi di endometriosi.
Un tempo lunghissimo che permette l’avanzamento e il peggioramento della malattia. Il problema più importante che determina il ritardo della diagnosi è la sottovalutazione del sintomo “dolore”, il pensare che sia una cosa normale, che prima o poi possa passare spontaneamente e che, possa essere una cosa ereditaria e quindi da accettare se era presente anche nella mamma o nella nonna.
Quando il dolore è molto forte, e invalidante (cioè che impedisce lo svolgimento di normali attività quotidiane), bisogna pensare che si possa trattare di endometriosi. Così facendo si possono fare indagini diagnostiche appropriate che ci permettono di fare una diagnosi precoce.
Una diagnosi fatta in tempi brevi permette di ridurre o eliminare completamente il dolore ridando fiducia e tranquillità alla paziente e migliorandone enormemente la qualità di vita; ma anche di interrompere il meccanismo di quella infiammazione, variamente localizzata, che se invece procede porta a lesioni d’organo con le sue conseguenze finanche alla infertilità ( 30-40% ).
Il colloquio con la paziente è fondamentale e ci può indirizzare verso la diagnosi. Quindi il primo momento diagnostico importante è ascoltare il dolore e non banalizzarlo.Il secondo è una visita ginecologica approfondita, mirata al riconoscimento di segni importanti.Se il colloquio e la visita ci convincono di essere su questa strada, si possono poi effettuare esami aggiuntivi come l’ecografia transvaginale, l’ecografia addominale, il dosaggio ematico di CA-125, la RMN dello scavo pelvico e infine la laparoscopia diagnostica.
Ma è importante chiarire che se siamo di fronte ad una giovane paziente che manifesta anche fin dal menarca dolori mestruali molto forti, invalidanti, anche nel caso in cui tutti gli esami strumentali risultassero negativi, non dobbiamo escludere la presenza della endometriosi.
Infatti in fase iniziale le lesioni possono essere così piccole da non essere evidenziabili. In questo caso, in presenza dei sintomi, ma non ancora delle lesioni, dobbiamo comunque trattare il dolore.Trattando il dolore infatti si migliora evidentemente la qualità di vita della paziente, ma si blocca anche il progredire della malattia, garantendo una vita normale anche in futuro.Se invece si sottovaluta il sintomo dolore e non si tratta, si permette la progressione della malattia con il suo aggravamento e si rendono poi necessarie terapie più complesse.
Quali terapie
Il primo intento della terapia è quello di togliere la mestruazione e quindi anche di impedire il sanguinamento ectopico, sia per eliminare il dolore, sia per evitare che si creino lesioni tissutali.
Quindi la terapia più appropriata per ottenere questo intento è una terapia ormonale: o una terapia estroprogestinica, cioè la pillola contraccettiva, presa in maniera continuativa cioè senza pausa, proprio per evitare la mestruazioe; oppure una terapia con il solo progestinico ( dienogest ) che impedisce la maturazione dell’endometrio e quindi il suo sfaldamento, anch’esso assunto in maniera continuativa.
Con questo tipo di terapia, se effettuata per un anno, alla sua sospensione si hanno sei mesi di remissione dai sintomi.
Questo permette alla donna in cerca di una gravidanza di potersi dedicare a questa ricerca con tutta serenità e senza dolore.
Nel caso in cui, si abbia un fallimento della terapia medica e le lesioni endometriosiche siano in uno stadio avanzato, sotto forma di grandi cisti, di aderenze, ci sia interessamento e disseminazione con compromissione di vari organi pelvici e addominali, si possono rendere necessari interventi chirurgici più o meno impegnativi e demolitivi.
Questo in ultima analisi potrebbe essere responsabile di una menopausa precoce.
Come sempre il miglior consiglio è quello di affidarsi nelle mani di personale medico specialistico che sappia fare una buona diagnosi e impostare una adeguata terapia.